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Lui arriva ogni volta che ti allontani e ti aspetta accucciato sui gradini davanti al portone di casa, con indosso quella sbiadita tuta da meccanico che puzza di nafta, vicino e tuttavia lontano come il lampo che si arriccia su per il Monte Lifoi. Si sorregge il mento e rimane in attesa mentre il cielo s’abbruna senza poi nemmeno muovere un braccio per salutare, con uno sguardo che ti trapassa. Non ti chiede dove sei stata, con l’aria di uno che ti sopporta e ti ignora. Eppure tu sai sempre come strinare la sua memoria con la fiamma, lui si alza, e basta un niente, che ti sfila il giubbotto, che ti stringe, non molto, solo sentirti.
Ancora e sempre
Ancora e sempre, anche se conosciamo il cimitero del paese: respiro di cipressi, silenzio di immagini. Noi lingua ove le lingue cessano, Tempo a picco nel corso dei dolori che consumano,
ancora e sempre, anche se le orme dei colombi finiscono nel vuoto all'improvviso e confusamente sussurra il torbido del fiume,
ancora e sempre saliamo in giardino, ove i rami riducono il loro peso come se sentissero con le foglie la mortale infinità.
Un bruco qualunque
Un bruco qualunque andava a passeggio alla sia goffa maniera, lordandosi di polvere.
Si trascinava dietro le tenui vibrazioni del respiro vedendole riflesse lungo i muri, in ritmi, disegni, forme d'una sintassi che produce cose aeree come il vento e la luce.
[ da Il giardino dell'attesa, Samuele Editore ]
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